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Addobbando l’albero di Natale se non siamo sereni, se non torni anche stasera, se non siamo cristiani. Viale Jenner o città copie di altre, notti bianche giorni neri, denti d’oro appesi, ami ai rami e preservativi. Così brilla di tutti i nostri scarti l’albero della fame, radicato ad un pensiero solo che è più un disguido, un’ansia che potrebbe avvilirci, un senso di colpa che non rincasa. Perché dobbiamo qualcosa (che cosa?) a qualcuno, dobbiamo qualcosa. E la città si cura, alza una febbre da niente, ma che fa triste la sera. Sera di una cena di lavoro, occhi deboli tirati ai lati, c’è chi si sente fuori posto. Così brilla di tutti i nostri scarti, l’albero della fame. C’è chi si sente fuori posto. Città di rimpianto che non sei altro, che non dai altro. Soffia su questi scalzi che la distanza hanno sempre misurato e la mortalità è la colpa d’esser nato. Soffia fino alle corde per chi è finito nella fontana o senza paga, paga le colpe da musulmana, da marziana.
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